17 aprile, 2009

CAMBIARE MENTE




CAMBIARE MENTE

La nostra Terra, si sa, è stata baciata dalla fortuna della storia: le origini del mondo l’abitarono per prima, estro e intelligenza la ricamarono con rispetto. Terra di dotazione naturale già strabiliante, Terra così ricca di specie e bellezza da suscitar attenzione e imbarazzo, Terra che ha incuriosito, spronato, nutrito anime e corpi di ogni d’ove che l’amarono al solo eco di meraviglia.
E perché noi non l’amiamo? Perché la fortunata sorte si è persa nel tempo? Perché le generazioni a seguire, figlie di un secolo passato che conosciamo bene, spezzarono il filo della memoria quasi fossero catene? È una strana storia questa, fin’ora non del tutto approfondita e compresa, di come ad un certo punto la bellezza si fermò, di come l’intelligenza venne a mancare, e così la sapienza, il rispetto, la memoria, l’umiltà.
Gli anni dello sviluppo siracusano, come di altri un tempo delicati territori di Sicilia, rimangono oscuri nelle motivazioni, nelle volontà, negli interessi e nei poteri che ne determinarono le sorti. Oscuri i protagonisti, oscuro il ‘come’ – com’è potuto accadere? – sotto gli occhi di popoli interi, contro le logiche più elementari, senza alcuna remora e alla luce del sole, la bellezza, e prima ancora la dignità, fu tacitamente messa al bando.
Il popolo erede di sapienze antiche, culla della civiltà e ingegno d’occidente, ha d’un tratto dimenticato se stesso (come un vagabondo la famiglia), ha venduto, svenduto, demolito, sventrato, svilito il passato e perso in un colpo solo il futuro.
Quanta consapevolezza c’è di questo? Quanta e di chi la responsabilità? Quante persone sanno? Quante vogliono sapere o fingono di non sapere? E perché?
A chi i malsani frutti di questo raccolto?
La zona industriale di Siracusa, che è obbrobrio ambientale, sociale, culturale e umano, sorge laddove un tempo fu eretta l’antica Tapsos. Dove per primi, poco lontano da dove Orfeo approdò per raggiungere la Ninfa, i greci piantarono il primo seme d’occidente, luogo sacro a tutti noi e, si vorrebbe, ai siracusani per primi, luogo profanato da chi avrebbe dovuto gelosamente custodirlo.
È un mistero quello di Sicilia: Tapsos, Termini Imerese, Megara Iblea, i luoghi dove nacque la nostra primigenia storia, sono oggi traino dello ‘sviluppo d’Italia’, poli industriali di primario ‘interesse nazionale’, luoghi non-luoghi sfruttati all’inverosimile per offrire energia ad un Paese che dalla Sicilia ha sempre avuto troppo e che ancora chiede, tra pale eoliche, rigassificatori, impianti termici e solari, di Dare.
Senza una logica, senza un ragionevole motivo, senza un partecipato beneficio, senza autorevole autonomia. Mentre la nostra gente, in questi posti sacri che oggi nessuno conosce e vuole, vive e sopravvive senza bellezza né identità.
Ma è cosa da tacere o, tutt’al più, ricordare tra pochi sottovoce – come di consueto ecco una nuova ricorrenza e la città nasconde gli obbrobri e si para a festa.
Costanza Messina

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