13 marzo, 2008

La memoria dei padri e delle madri


In questi tempi in cui alle mamme capita di sentirsi dire che sono delle assassine (diremmo cinicamente “Meno male che il titolo se lo guadagnano anche senza l’aiuto di pubblici censori”, quando i media purtroppo ci informano dell’ultimo infanticidio…) perché difendono un diritto di scelta, salute e libertà come quello a praticare l’interruzione volontaria di gravidanza, ai padri capitano guai ben peggiori.
Tutto dipende da quel che madri e padri lasciano nella memoria, dai loro avvertimenti – e da una semplice lettera.
Avvisare qualcuno, stargli sempre alle costole o alle calcagna o col fiato sul collo (espressioni di caccia, di inseguimenti e appostamenti) per non fargli commettere errori, significa imporre un monito. Letteralmente vuol dire “non far perdere la memoria”: tant’è che “ad-monire” ha il senso di “far ricordare” a qualcuno quali sono le regole alle quali si è trasgredito.
Questa è una cosa seria, se perfino il denaro, già nell’antica Roma, veniva chiamato Moneta, dal nome di Giunone Moneta (cioè “Giunone l’Ammonitrice”) che aveva avvisato i cittadini della Repubblica (a proposito: dovremmo ricordarci di più cosa voglia dire “repubblica”, e chissà che non ci sia da fare esercizio anche su questo tema…) dell’attentato dei Galli alle porte della Città Sacra. Tanto fu importante l’avvenimento che la Zecca fu istituita proprio dalle parti del tempio della dea per farne memoria, e non dimenticare che pur col denaro, senza il ricordo delle regole, non si compra la libertà.
Monito, che in latino suona “monitum”, ha il suo diretto antenato in “monium”…
Non a caso la “memoria” che lascia un padre è quella non solo e non soltanto del denaro, ma della conquista della libertà di usare le proprie sostanze: è il “patri-monium”.
Mentre la memoria che lascia una madre è quella di una unione che proprio sulla libertà si fonda – quella lineare libertà per cui si può scegliere di sacrificare sé stessi o di indirizzare al meglio la vita e la salute propria ed altrui: è il “matri-monium”.
Fra le semplici regole che si stagliano nette all’orizzonte del diritto romano, ve ne sono tre che probabilmente non valevano specificamente in materia giuridica, ma ci fanno pensare a dei valori comuni e diffusi – magari saranno dei semplici sogni; ma chi sogna bene sogna due volte, per sé e per il mondo…
Allora, nell’ordine, si viene a sapere che “Alterum non ledere” (“Non offendere, non danneggiare alcuno”) è la versione laica di qualcosa a noi biblicamente familiare – ed è posta come prima massima fondamentale.
Da questa discende la consapevolezza logica, prima che concreta, che “Suum cuique tribuere” (“Dai a ciascuno il suo”), seconda massima come conseguenza inevitabile del primo principio.
Il fatto è che vi è sempre qualcosa di indimostrabile razionalmente, qualcosa in fondo, che non si regge senza l’apporto di una dimensione “sentimentale”, diremmo quasi “divina”: il coronamento di quelle due massime infatti, chiude lo spazio concettuale ponendosi su un piano differente.
“Pacta sunt servanda” (“Le parole, gli impegni, i patti si devono rispettare”): e come fare senza la memoria, senza il ricordo? Come fare, se si è privi del “monium”, quello del padre – che concerne le proprie sostanze – e quello della madre – che è un esempio d’amore anche nei momenti più difficilmente comprensibili?

Mosé

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